Melatonina

Sintesi e secrezione: La melatonina (chimicamente N-acetil-5-metossitriptammina) è un ormone prodotto dalla ghiandola pineale (o epifisi), ghiandola posta alla base del cervello. La produzione di melatonina è minima nei primi mesi di vita, aumenta nell'età giovanile per poi tornare a calare nella tarda età adulta ed anziana. Agisce sull'ipotalamo e ha la funzione di regolare il ciclo sonno-veglia. Oltre che negli esseri umani, essa è prodotta anche da animali, piante (fitomelatonina) e microorganismi[1][2]. 
La melatonina è stata scoperta circa 50 anni fa e più precisamente nel 1958 da Aaron Lerner, un dermatologo che isolò questo ormone nella ghiandola pineale delle mucche. Per molti anni sulla melatonina si è detto e letto di tutto e ancora oggi l'argomento è più che mai attuale. Al momento la ricerca sta ancora lavorando per raccogliere dati riguardo l'uso, i dosaggi ed i tempi di utilizzo. Sono state inoltre ipotizzate nuove possibili applicazioni della melatonina nel campo delle malattie degenerative e nel trattamento dell'invecchiamento.
Funzioni: La melatonina è un ormone molto importante dato che regola il ritmo circadiano dell'organismo. La sua secrezione viene regolata dalla luce: quando lo stimolo luminoso arriva alla retina viene trasmesso un segnale all'epifisi dove viene inibita la sua secrezione. Il buio, al contrario, ne stimola il rilascio. Per questo motivo la melatonina ha un picco nelle ore notturne e valori molto più bassi (nadir) durante il giorno. La melatonina come regolatore sonno-veglia La melatonina viene sintetizzata in assenza di luce dalla ghiandola pineale; poco dopo la comparsa dell'oscurità, le sue concentrazioni nel sangue aumentano rapidamente e raggiungono il massimo tra le 2 e le 4 di notte per poi ridursi gradualmente all'approssimarsi del mattino. L'esposizione alla luce (soprattutto alla lunghezza d'onda blu tra 460 e 480 nm) inibisce la produzione della melatonina in misura dose-dipendente. È pertanto utilizzata per il trattamento a breve termine dell'insonnia al di sopra dei 55 anni d'età.[14][15] . Dato che la melatonina ha un effetto sedativo il cervello la utilizza come una sorta di segnale per informare l'organismo che è buio e che è pertanto giunto il momento di dormire e riposarsi.

La melatonina è un ormone lipo-idrosolubile prodotto principalmente dall'Epifisi, una piccola ghiandola presente nel cervello. Viene secreta durante la notte in risposta alla mancata stimolazione dei fotorecettori retinici da parte della luce diurna. La melatonina è molto bassa durante i primi tre mesi di vita e senza notevoli differenze tra livelli notturni e diurni. Dal 4-6 mese i livelli di melatonina aumentano gradualmente con un picco a 3 anni . La sua produzione diminuisce con l'età a causa della calcificazione dell'Epifisi Melatonina e disturbi del sonno I disturbi del sonno si possono suddividere in due principali categorie: da una parte troviamo tutte quelle persone che fanno molta fatica a prendere sonno ma che quando si addormentano portano a termine il loro riposo; dall'altra vi sono invece soggetti che si addormentano facilmente ma che si svegliano nel cuore della notte o nelle prime ore della mattina senza poi riuscire a riaddormentarsi. La melatonina si è dimostrata efficace soprattutto nel primo caso dove agisce andando a ripristinare i naturali ritmi biologici dell'organismo.
Alcuni disturbi del sonno dipendono infatti soprattutto dallo sfasamento del ciclo di secrezione della melatonina mentre un deficit quantitativo è abbastanza raro. L'efficacia della melatonina nella cura del jat-lag è stata ampiamente documentata. Si tratta infatti del campo di applicazione più studiato ed in cui la melatonina si è dimostrata più efficace. Il jet-lag altro non è che la cosiddetta sindrome da fuso orario che colpisce coloro che viaggiano frequentemente da una parte all'altra del mondo. Tipica delle hostess di voli intercontinentali, tanto per citare un esempio, questa sindrome si caratterizza per disturbi del sonno, mancanza di appetito, difficoltà digestive, nervosismo ed irritabilità. Un integrazione di melatonina interviene in questi casi per regolarizzare l'orologio interno, scombussolato dal fuso orario.
Altre funzioni: Qualche anno fa alcuni studi condotti negli Stati Uniti su topi di laboratorio diedero risalto alla melatonina dipingendola come un integratore in grado di rendere le persone più giovani, più vitali e migliorare persino la loro attività sessuale. Dopo l'uscita di questi studi, sapientemente avvalorati dalle aziende produttrici di integratori, esplose, soprattutto negli Stati Uniti, un vero e proprio boom della melatonina. In Italia la melatonina è conosciuta anche grazie al suo presunto ruolo terapeutico nella cura del professor Di Bella. In effetti esistono in letteratura diversi studi che sottolineano il potenziale ruolo antiossidante ed antitumorale della melatonina. In particolare, secondo le recenti, acquisizioni la melatonina sarebbe in grado di ridurre considerevolmente gli effetti collaterali di determinati farmaci utilizzati nella terapia antitumorale.
Effetti collaterali: Non esistono ancora studi scientifici che dimostrino l'assenza di effetti collaterali derivanti da un'assunzione cronica di melatonina. Anche per questo motivo l'utilizzo continuato della melatonina come agente antinvecchiamento è controverso (alcuni studi denunciano un possibile effetto depressivo in soggetti predisposti). La melatonina è invece praticamente priva di controindicazioni quando viene assunta soltanto per brevi periodi. Quando si parla di melatonina la parola integratore è d'obbligo; secondo l'FDA, questa sostanza non è infatti ancora considerata un farmaco e come tale le libertà chimiche di produzione e di commercio sono molto diverse. La melatonina può infatti essere venduta con una certa libertà nelle farmacie come prodotto da banco ma anche nelle erboristerie e nei supermercati autorizzati. Anche se è diffusa la sensazione contraria, gli effetti collaterali della melatonina non sono nulli, anche se questi derivano da un uso inappropriato della sostanza: negli anni, vari culturisti professionisti e svariate riviste d'informazione sportiva hanno affermato la possibilità, con il sostegno di alcuni studi scientifici[16], che dosi giornaliere fra 0,5 mg e 3 mg, assunte 30-60 minuti prima dell'allenamento, aumentino i livelli di ormone della crescita, senza dare effetti collaterali, che di solito vengono riconosciuti in irritabilità e sonnolenza. La melatonina diminuisce il rilascio di GnRH: per questo motivo diminuisce la sintesi di testosterone e quindi la libido. Più precisamente, inibisce la secrezione dell'ormone luteinizzante, che stimola nel maschio l'attività endocrina delle cellule interstiziali del testicolo con produzione di testosterone e di sperma, e nella femmina l'ovulazione e la conversione del follicolo ovarico in corpo luteo.[17] Assunta per periodi prolungati, la melatonina può avere un effetto depressivo nei soggetti predisposti[18]; inoltre, può inibire l'ovulazione proprio a causa della soppressione del rilascio di GnRH che essa causa[19]. Dosi di assunzione Solitamente la melatonina viene assunta sotto forma di compresse che ne contengono dagli 1 ai 5 mg. Sono infatti sufficienti uno o due milligrammi di melatonina per far impennare i valori ematici di questo ormone (sino a 100 volte superiori rispetto a quelli fisiologici). Soltanto dopo 4,6,8 ore tali valori tornano nella norma; bisogna infatti ricordare che esistono integratori in forma rapida che determinano un immediato picco di melatonina ed altri a lento rilascio (slow-release) che danno picchi inferiori ma prolungati nel tempo. Solo il medico, attraverso un'accurata anamnesi del paziente, potrà orientarlo verso l'assunzione di una determinata formula, consentendo di ottenere il massimo risultato nella massima sicurezza. Fino a qualche anno fa si consigliavano dosi da 3mg di melatonina per il maschio (peso corporeo maggiore) ed un solo milligrammo per la donna. Attualmente la ricerca si sta invece orientando su dosi molto più basse (nell'ordine di 0,1-0,3 mg) che sembrano comunque essere altrettanto efficaci.

Con una circolare del Ministero della Salute, avente oggetto "Rivalutazione degli apporti ammessi di melatonina negli integratori alimentari", è stato ridotto l'apporto massimo giornaliero consentito per la melatonina negli integratori alimentari, portandolo da 5 a 1 mg. La motivazione è duplice: coesistenza di farmaci, sul mercato europeo, con tenore medio di 2 mg giornalieri di melatonina, possibilità di rivendicare benefici effetti fisiologici al dosaggio di 1 mg di melatonina, come riportato nel Regolamento 432/2012 (cosiddetto Regolamento Claims).







L-Triptofano


Il triptofano è un amminoacido poco polare, il suo gruppo laterale è un indolile. È alla base del gruppo di composti delle triptamine. È una molecola chirale. L'enantiomero L è uno dei 20 amminoacidi ordinari. Poiché l'organismo umano non è in grado di sintetizzarlo, deve essere ricavato dagli alimenti e pertanto è classificato tra gli amminoacidi essenziali.[2] Oltre a partecipare alla costituzione delle proteine dell'organismo, interviene in numerose reazioni chimiche, in particolare nella sintesi di serotonina e di acido nicotinico. In natura, il triptofano si ritrova nelle proteine alimentari, essenzialmente quelle di origine animale. Ne è ricca la Griffonia, pianta tropicale africana della famiglia delle leguminose. Il fabbisogno di un adulto è circa 250 mg/die. La concentrazione di triptofano nel sangue è generalmente compresa fra 10 e 40 mmol/l (2 e 8 mg circa/litro). Tracce di questo amminoacido si ritrovano anche nelle urine.
Biosintesi: Piante e microrganismi generalmente sintetizzano il triptofano dall'Acido shikimico o dall'Acido antranilico. Questo si condensa con fosforibosil pirofosfato (PRPP), generando pirofosfato come sottoprodotto. Dopo l'apertura dell'anello della frazione ribosio e dopo decarbossilazione riduttiva, si genera indolo-Gliceraldeide-3-fosfato, che a sua volta si trasforma in indolo. Nell'ultimo passaggio, l'enzima triptofano sintasi catalizza la formazione di triptofano dall'aminoacido serina e dall'indolo.[3] Metabolismo Il triptofano è precursore della serotonina (un neurotrasmettitore), della melatonina e della niacina; il metabolita intermediario tra triptofano e serotonina è il 5-idrossitriptofano (5-HTP). Il suo metabolismo è integrato in processi di grande importanza biochimica e fisiologica. In alcuni tessuti viene decarbossilato a triptamina oppure idrossilato e quindi decarbossilato con formazione di 5-idrossitriptamina o serotonina. Nell'organismo il triptofano viene anche metabolizzato mediante apertura dell'anello indolico con formazione di formilchinurenina e di chinurenina. Tale processo rappresenta la tappa iniziale nella biosintesi dell'acido nicotinico e della nicotinammide, vitamine del complesso B. La conversione del triptofano in serotonina non avviene se manca il necessario apporto di vitamina B6 e vitamina C. Prima un enzima vitamina B3 dipendente per convertire il triptofano in 5-HTP. Un enzima vitamina B6 dipendente è invece necessario per convertire il 5-HTP in serotonina. Il 5-idrossitriptofano può superare facilmente la barriera emato-encefalica, senza avere bisogno dell'aiuto di molecole trasportatrici, mentre l'L-triptofano può raggiungere il sistema nervoso centrale solo grazie a queste ultime. La presenza di Triptofano favorisce il passaggio della barriera emato-encefalica da parte degli zuccheri, con intuibili vantaggi per l'approvvigionamento energetico di tutto il sistema nervoso centrale.
Isolamento: L'isolamento del triptofano è avvenuto la prima volta nel 1901, da Frederick Hopkins, attraverso l'idrolisi della caseina. Da 600 grammi di caseina grezza si ottennero 4-8 grammi di triptofano. Usi Per qualche tempo il triptofano è stato inizialmente distribuito sul mercato come semplice integratore alimentare. Poi per molte persone si è rivelato un rimedio efficace e sicuro per promuovere il sonno, data la sua insita capacità di alzare nel cervello umano il livello della serotonina, sostanza dall'azione calmante se presente in dosi moderate; e della melatonina, uno pseudo-ormone prodotto dalla ghiandola pineale in risposta al buio o alla poca luce, che consente di modulare i ritmi sonno-veglia. Molte ricerche cliniche hanno confermato scientificamente l'utilità del triptofano come sonnifero naturale e come farmaco contro tutti i disturbi legati a chi ha un basso livello di serotonina. In particolare, il triptofano si è mostrato come un promettente antidepressivo, sia da solo che in sinergia con altri farmaci antidepressivi.
Altre possibili indicazioni sembrano essere l'attenuazione del dolore cronico ed il trattamento dei comportamenti violenti, maniacali, compulsivi ed ossessivi legati alle nevrosi.[4] Nel 1989, una misteriosa epidemia di casi disabilitanti (e a volte mortali) di una malattia autoimmune chiamata sindrome eosinofilo-mialgica è stata attribuita ad un lotto di triptofano sintetizzato impropriamente. La coltura batterica usata dalla Showa Denko fu geneticamente modificata per aumentare la resa di triptofano; sfortunatamente, un sottoprodotto della trasformazione si rivelò essere, secondo uno studio di Science, un aminoacido tossico, derivato innaturale dell'L-triptofano, che inquinò il prodotto finito. A prescindere dalle cause della tossicità, il triptofano - come integratore alimentare - fu ritirato dal mercato negli Stati Uniti e in altri paesi subito dopo. Il triptofano rimane sul mercato come farmaco che alcuni psichiatri continuano a prescrivere, specialmente a pazienti poco rispondenti ad altri farmaci antidepressivi ed è ancora oggetto di vari test clinici. In Europa è tuttora in commercio a basse dosi anche come integratore alimentare. Secondo ricercatori, del National Institutes of Health, di Baltimora, su un modello animale, dopo alte dosi di MDMA circa l'80% delle terminazioni nervose interessate alla trasmissione serotoninergica viene depauperata, il pretrattamento con L-triptofano può essere utile per ridurre l'entità del depauperamento della Serotonina indotto da MDMA; suggerendo l'utilità clinica di questo approccio nei soggetti astinenti dall'MDMA.[6]. Nell'alimentazione Data la nostra incapacità di sintetizzarlo autonomamente, il triptofano dev'essere assunto attraverso gli alimenti; ne sono ricchi i legumi, le carni, il pesce, i latticini, le uova, l’ avena, le banane, I datteri e I finocchi. Particolarmente noti per l'elevato contenuto in triptofano sono il cioccolato, le arachidi, il latte, i formaggi, lo yogurt, la ricotta, l'alga spirulina ed i semi di sesamo. Triptofano contenuto nei diversi alimenti: vedi tabella Patologie legate al triptofano Il deficit congenito di enzimi che metabolizzano il triptofano si traduce in un conseguente accumulo dell'amminoacido e dei suoi derivati nell'organismo. La Malattia di Hartnup è una patologia genetica dovuta a un'anomalia del trasporto di alcuni amminoacidi nel sangue, tra cui il triptofano. La concentrazione di triptofano nel sangue aumenta in alcuni tumori dell'intestino e in diverse patologie psichiatriche.
Fabbisogno: Il fabbisogno quotidiano nell'adulto è stimato in 3-3.5 mg/kg. Dato che se ne trovano, tanto per citare qualche esempio, ben 560 mg in 100 grammi di parmigiano reggiano e 240 mg in un etto di pollo, l'apporto alimentare di triptofano è normalmente superiore rispetto al fabbisogno.
Funzioni: Oltre ad essere un amminoacido chiave nella sintesi proteica, il triptofano rappresenta il punto di partenza per la sintesi di alcune sostanze biologiche, come la serotonina e la niacina. La serotonina è un neurotrasmettiore sostanzialmente eccitatorio, sintetizzato attraverso una via metabolica chiamata triptofano idrossilasi (dal nome di un enzima coinvolto in tale pathway). Nota anche come "ormone del buonumore", la serotonina può essere convertita in melatonina, importantissima nella regolazione del ciclo sonno-veglia. La niacina, meglio conosciuta come vitamina PP, è coinvolta nei metabolismi cellulari che convertono i macronutrienti in energia; indicativamente circa il 3.3% del triptofano alimentare viene destinato alla sintesi di niacina.
Integratori di triptofano: L'uso di questo amminoacido come integratore è dovuto sostanzialmente al suo già accennato ruolo nella sintesi di serotonina. I livelli di triptofano nel sangue sono particolarmente bassi nelle persone intolleranti al lattosio (ricordiamo che i latticini sono particolarmente ricchi di triptofano) o con disordini dell'assorbimento del fruttosio. Dall'altra parte, i livelli di serotonina sono spesso diminuiti nei pazienti depressi, che non a caso vengono frequentemente trattati con farmaci "inibitori selettivi del riassorbimento di serotonina" (fluoxetina, sertralina, citalopram, escitalopram, fluvoxamina, paroxetina). Questi medicinali vanno ad agire a livello delle sinapsi cerebrali (spazi destinati alla trasmissione nervosa tra due neuroni), impedendo la normale ricaptazione ed eliminazione fisiologica della serotonina (la quota riassorbita dal terminale presinaptico viene processata dalle monoaminossidasi, che ossidano la serotonina, poi trasformata in acido 5-idrossiindoloacetico escreto con le urine). Grazie a questi princìpi attivi, i maggiori livelli di serotonina a disposizione dei recettori postsinaptici possono riequilibrare i disturbi generati dalla sua eventuale carenza, come quelli associati al disturbo ossessivo-compulsivo o alla depressione maggiore. Integratori di 5-idrossitriptofano Il fattore limitante di questo processo biologico risiede nell'attività dell'enzima triptofano idrossilasi, motivo per cui si preferisce ricorrere all'integrazione non tanto di triptofano in sé, quanto del prodotto di questo enzima: il 5-idrossitriptofano, presente negli alimenti in quantità irrisorie. Questo derivato amminoacidico, capace di attraversare la barriera ematoencefalica, viene proposto come antidepressivo, valido aiuto contro l'insonnia ed anoressizzante (inibitore dell'appetito, in particolar modo del bisogno smodato di dolciumi). Sebbene si sia dimostrato efficace nell'aumentare i livelli di serotonina e melatonina nell'organismo, l'uso di un integratore a base di 5-idrossitriptofano non può sostituirsi alle classiche terapie antidepressive o ipnotiche, le quali - pur con inevitabili effetti collaterali - assicurano un'efficace azione terapeutica. Si invita quindi il lettore a NON sostituire spontaneamente la terapia farmacologica classica con integratori a base di 5-idrossitriptofano, né tanto meno ad assumerli insieme a farmaci antidepressivi (salvo diversa prescrizione medica). Inoltre il 5-idrossitriptofano può essere convertito a serotonina direttamente nel fegato e ciò aumenta significativamente il rischio di disfunzioni valvolari cardiache (effetto dimostrato in modelli animali mediante somministrazione diretta di serotonina).
Modo d'uso I dosaggi di assunzione consigliati sono di 300-1000 mg/die per il triptofano, e di 50-100 mg/die per il 5-idrossitriptofano.